C'era una volta un castello, in posizione strategica che controllava tutta la valle del lago di Vico e la Via Cassia Cimina, la scorciatoia preferita da eserciti, mercanti, imperatori e regine che scavalcavano il passo montagna per andare o venire da Roma.
Fu uno dei più importanti castelli dei Di Vico, la famiglia dei prefetti di Roma di fede ghibellina, protagonista per tutto il medioevo di scorribande nel territorio con altri feudatari. I Di Vico avevano molti feudi nella Tuscia tra cui il castello di Caprarola ma avevano il loro quartier generale in questa rocca, costruita probabilmente intorno al X sec., in posizione strategica e pressoché imprendibile, sulla collina che dominava la valle del lago di Vico ed in particolare la via Cassia che a Monterosi si divideva, come ancora oggi, in due rami: quello per Sutri, Capranica, Vetralla e poi Viterbo, e la Via Cassia Cimina che superava Ronciglione e che scavalcava il crinale della conca craterica, scendeva nella valle ed attraversava le case ai piedi del borgo costeggiando il lago a sinistra, il borgo di Vico sovrastato dal castello a destra e si dirigeva per la Stazione di Posta della Montagna, ad 800 mt sul livello del mare per poi scendere a Viterbo.
In questo periodo la Via Cassia era già un'importantissima via di comunicazione, ed era percorsa dai pellegrini diretti a Roma o in terra santa per cui venne chiamata anche Via Francigena. Per i Di Vico, avere il controllo su questa arteria era quindi di vitale importanza, e non solo per la carica di prefetti che imponeva di rendere sicura la viabilità, ma aveva un'importanza militare poiché permetteva a questi feudatari di fare il bello ed il cattivo tempo, sia con la Chiesa che con l'Impero e soprattutto di difendere i numerosi castelli che avevano in Tuscia.
La variante della Via Cassia, quella che che sale da Ronciglione per il lago ed il passo montagna, era meno agevole, a tratti impervia e per molti aspetti meno sicura ma molto più corta rispetto a quella "per Vetralla" motivo per cui era spesso preferita da eserciti, mercanti, imperatori, papi, regine e da molti pellegrini sebbene il passo montagna era frequentato anche da briganti.
Il borgo che si estendeva intorno al castello ed era protetto da una cinta muraria, ben amministrato ed organizzato, ed aveva due chiese.
Durante le violente e sanguinose contese con le altre potenti famiglie feudatarie, i Di Vico tennero il castello fino al 1431 insieme al castello di Caprarola: papa Eugenio IV intende rimettere l'ordine sulla Tuscia ma i Di Vico alleati con i Colonna resistono ma Niccolò Fortebracci inviato dalla Chiesa riprende Caprarola, Casamala (o Casa Mala) ed altri castelli della zona, mentre Everso d'Anguillara attacca e fa radere al suolo il Castello Di Vico al lago e poi ne acquista la proprietà insieme al territorio di Caprarola per 7.375 fiorini d'oro, di fatto diventando una delle piu' potenti famiglie della zona. Le terre del borgo di Vico, passarono poi in mano ad altre signorie fino ai Farnese, precisamente al card. Alessandro Farnese il vecchio, che poi deverrà papa Paolo III, il quale organizzò tutti i feudi di famiglia e li riunì in uno stato indipendente dalla Chiesa, il ducato di Castro.
Ciò che rimane oggi, sono solo poche vestigia, basamenti delle mura perimetrali, muraglioni e piccole parti di edifici ancora in piedi. Salendo sulla collina ci si rende facilmente conto di quanto sia stato strategico il sito. Tutta la valle del lago è controllata a vista, e le ripide pareti della collina rendevano il castello imprendibile. Fino alla metà degli anni '80, in cima alla collina, prima della vetta, esistevano tante fosse a pozzo, la maggior parte delle quali già visitate e saccheggiate dai tombaroli. Una grave incuria per il nostro patrimonio che alla perdita di eventuali reperti, c'è anche la successiva distruzione del sito... Peccato.